Ma giovani e adulti si capiscono? L’indagine di Demopolis 

La risposta è “nì” (tendente al “no”). Perché ben oltre il 50% degli under 18 (il 58% per la precisione) coinvolti nell’indagine condotta e pubblicata da Demopolis per l’impresa sociale “Con i Bambini”, nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, dichiara con convinzione che gli adulti non comprendono i giovani, anzi, non conoscono le loro vite e le loro abitudini. Si potrebbe obiettare che l’incomprensione intergenerazionale sia fisiologica: da sempre, giovani e adulti viaggiano su binari differenti, ma c’è qualcosa che fa interpretare in maniera non canonica i dati ricavati dall’indagine. 

Demopolis, Pietro Vento: “schiacciante il pessimismo dei genitori sul futuro dei figli

La ricerca – ha spiegato il direttore dell’Istituto Demopolis Pietro Vento – ha focalizzato le differenti prospettive sulla quotidianità e sul futuro di adolescenti e genitori. Dall’ascolto diretto degli under 18 e delle famiglie emergono molte dimensioni inattese: a partire dallo sguardo sul futuro, con lo schiacciante pessimismo dei genitori sul futuro dei ragazzi (73%) cui fa da controcanto l’ottimismo dei giovani, prevalente ma non plebiscitario: oggi, si dichiara ottimista il 45%”.

Alla base dunque ci sarebbe proprio una percezione completamente opposta del contesto e delle prospettive future. Paradossalmente, guardando alle parole di Vento, sembrano gli adolescenti – per antonomasia i più suggestionati e suggestionabili dalle catastrofi ambientali, da un futuro economico infausto, dal lato oscuro dei social e così via –  quelli più ottimisti nei confronti della vita.  

Il tema centrale riguarda proprio il mondo digital e social. Infatti per l’84% dei genitori la permanenza a oltranza sui social da parte dei figli rappresenta un pericolo costante per la loro salute fisica e mentale. Una tesi supportata anche dalle ricerche scientifiche. Un esempio recente è lo studio diffuso dall’Università di Toronto che ha indagato sugli effetti che i filtri utilizzati nelle storie Instagram, nei video di Tik Tok o su Snapchat, possono avere su ragazze e ragazzi.

Giovani e pericoli social

È emerso che – il discorso è ambivalente, dunque riguarda sia uomini sia donne – coloro che ne fanno un uso smodato vanno a sviluppare una forma complessa di dismorfismo muscolare (vale a dire la ricerca costante di un fisico asciutto, palestrato, un viso tonico, tanto da arrivare all’ossessione verso se stessi). Le ricadute, in questo caso, sono sia psicologiche, sia fisiche. E i casi sono in costante aumento. 

Tuttavia, c’è l’altro punto di vista: i più giovani ritengono che si tratti di una preoccupazione eccessiva e infondata. Da qui l’ottimismo di cui sopra. Demopolis informa che “3 adolescenti su 10 trascorrono online più di 10 ore al giorno; quasi il 40% fra 5 e 10 ore”. Insomma, per loro, nativi digitali, quella virtuale è una realtà, che piaccia o meno, con le sue consuetudini, con i suoi rituali, anche sociali. Dal like alla live su Twitch, all’apprendimento ameno di Youtube; le attività social sono infinite, alcune anche particolarmente stimolanti. 

Le due posizioni sono talmente distanti che su questo punto, in effetti, genitori e figli difficilmente potranno trovare un punto di incontro. Basti pensare che il 70% degli adulti intervistati ha dichiarato di non avere idea di cosa facciano i figli quando sono online. Ma c’è dell’altro. 

Non so chi sei

Un altro fattore che allontana giovani e adulti è il non conoscersi. Infatti, come rileva Demopolis, 1 genitore su 2 non sa cosa facciano i figli quando non sono in casa e il 75% non sa se facciano uso di alcol o meno. D’altro canto, i giovanissimi ritengono che i genitori non conoscano le loro paure, le loro ansie, né i dettagli della loro vita sentimentale. Un equilibrio dunque su quanto stabilito in precedenza relativamente al gap e al silenzio che caratterizza i rapporti tra le diverse fasce d’età. 

C’è un fattore comune: il timore che possa accadere qualcosa di terribile quando i giovani sono fuori casa. Andando nello specifico; il 38% degli intervistati under 18 ha paura di poter essere vittima di violenza o bullismo: questo dato è più marcato tra le giovani donne, un importante 55%. Anche i genitori pensano possa accadere il peggio, un timore dettato magari da episodi di cronaca sempre più ricorrenti. Ben il 73% dei genitori pensa che i figli durante il tempo libero trascorso lontano da casa possano subire violenza. 

Il tema della sicurezza

Sul tema della percezione della sicurezza è recentemente intervenuto l’ISTAT restituendo un quadro abbastanza chiaro di quanto le cittadine e i cittadini italiani si sentano o meno in pericolo. Il report (che fa capo all’anno 2022-2023), pubblicato lo scorso 20 novembre, evidenzia che: il 19,8% delle persone, di sera, cerca di evitare situazioni o luoghi che ritiene a rischio e il 12,6% preferisce non uscire per paura. Rispetto al 2015-2016 i numeri sono più clementi, dunque di primo acchito sembrerebbe che ci si senta più sicuri. 

E sebbene i dati indichino una diminuzione di “persone che vedono situazioni di degrado sociale e ambientale”, resta stabile la preoccupazione di subire reati tranne che per il furto in abitazione. In numeri: il 45% teme uno scippo o un borseggio, il 41% una rapina, e il 38,6% il furto della propria automobile. Altresì, il 35,8% paventa per sé o per i propri familiari, di essere vittima di qualche forma di violenza sessuale.

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