Nessuno si aspettava che un eventuale incontro tra i due leader, Zelensky e Putin, rappresentasse la fine del conflitto, ma in molti speravano che invece fosse un primo passo, che le promesse elettorali di Trump non rimanessero tali, che si concretizzassero. Lascia l’amaro in bocca questo episodio, forse più di altri.
Nonostante l’appello del nuovo pontefice Leone XIV a mettere un freno e all’ostilità e pensare alla pace come unico scenario possibile, sembra invece che i venti restino di guerra. L’Europa, con gli USA sempre più proiettati a tirare i remi in barca di fronte alle resistenze di Putin, si prepara ad affrontare una nuova fase, che prevede altri panchetti di sanzioni alla Russia.
I negoziati in Turchia: l’incontro tra Putin e Zelensky un’occasione persa
Resta però uno spiraglio. Nonostante l’assenza dei due Presidenti, quello ucraino e quello russo, le delegazioni si incontreranno. A presidiare questo tavolo anche una delegazione USA e una turca. Una scelta territoriale strategica che richiama le mediazioni sul Mar Nero, relative al lasciapassare per le navi ucraine sulle esportazioni alimentari. Va da sé che però il clima in cui avverrà l’incontro non è disteso, anzi.
Se da una parte Putin ha disertato dichiarando di non ritenere Zelensky un suo pari, e quindi non un possibile interlocutore per discutere il cessate il fuoco; dall’altra il numero uno ucraino accusa i russi di non volere davvero una tregua, anzi. Sui social, infatti, Zelensky ha scritto: “Il cessate il fuoco è una priorità chiesta da tutto il mondo, tranne per la Russia […] Putin si è appellato alle negoziazioni dirette perché non vuole il cessate il fuoco, anche se lo vogliono tutti”.
Ancora una volta ha ricordato la disponibilità dell’Ucraina a trovare un accordo, rimettendo tutto “nelle mani dei russi”.
Dal canto proprio Trump, pur esitando, ha scelto di aspettare gli eventi e poi di capire se sia il caso di scendere in campo e prendere parte ai negoziati. Il Presidente USA, in questi giorni in visita a Doha, ha dichiarato che potrebbe decidere di arrivare in Turchia se i negoziati effettivamente dovessero concretizzarsi. Certo, ha anche asserito che una risoluzione vera e propria sarebbe possibile solo se fosse lui a incontrare Putin, ma non con la medesima convinzione che ha caratterizzato altre dichiarazioni simili.
In qualche modo, quindi, il tycoon si è mostrato pronto, ma anche attento a selezionare le parole, senza sbilanciarsi troppo. Non ha condannato la Russia per il passo indietro. Un atteggiamento anomalo, considerando che negli ultimi mesi Trump ha abituato il mondo ad apertissime manifestazioni di dissenso, e viceversa a dichiarazioni entusiastiche precoci. Un modo di fare che si è riversato anche sugli atti politici veri e propri. Un’immediatezza, talvolta confusa, nei fatti e nelle parole.
Una tregua sarebbe davvero possibile?
Facendo un passo indietro, e tornando al febbraio del 2022, quando Papa Francesco aveva già chiamato Zelensky per mostrare vicinanza e condannare l’attacco russo, verrebbe da pensare che non esista una risoluzione effettiva al conflitto, ma anche a tutte le altre implicazioni geopolitiche che lo riguardano. Lo scenario, oggi, è molto più complesso: se i territori contesi il tema principale, sono da inserire nell’equazione i rapporti della Russia con la NATO, il ruolo giocato dall’Europa che parla di riarmo, il ruolo degli USA da quando Trump ne è diventato Presidente. Anche l’influenza della Cina, che ha una particolare incidenza.
Un tavolo per il cessate il fuoco potrebbe quindi essere plausibile; non lo sarebbe altrettanto una risoluzione in tempi brevi o una risoluzione e basta. Allo stato dei fatti, l’Europa resta fuori e gli USA stanno a guardare.
Tuttavia, una frase pronunciata solo alcune ore fa, potrebbe aprire al clamoroso colpo di scena. Vladimir Medinsky, consigliere russo a cui è stato affidato il compito di instaurare un dialogo con la parte avversaria, ha dichiarato che c’è la volontà di trovare “un terreno comune” per arrivare a “pace durevole”. La delegazione, ha poi aggiunto, “vede i negoziati come una continuazione del processo di pace interrotto nel 2022”.
Ma quanto sarebbe possibile tornare adesso indietro? Ristabilire un equilibrio tra Russia e Nato? Vedere il Cremlino cedere sulle conquiste in terra ucraina? Queste parole rappresentano solo fumo negli occhi, o raccontano di una Russia stanca, pronta a fare un passo indietro? L’incontro delle prossime ore potrebbe rispondere a questa domanda. Resta però una certezza: Zelensky e Putin non possono stare nella stessa stanza, né nello stesso Stato. Forse non è solo un’occasione mancata, quella in terra turca, ma un’occasione che in effetti potrebbe non verificarsi mai.
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