Semplifica (anche troppo) le ricerche, risponde in maniera diretta e veloce (non senza commettere errori): ChatGPT è sempre più presente per ogni tipo di “aiuto” o supporto nelle attività personali e lavorative. I dati più recenti sono abbastanza preoccupanti relativamente a questa incursione dell’IA nella quotidianità; in particolare per i più giovani che sempre di più si interfacciano con ChatGPT per chiedere consigli di vario tipo. Quasi il 35% delle ragazze e i ragazzi tra i 18 e i 24 anni, secondo dati riportati da Vincenzo Cosenza di Vincosblog, sulla base delle rilevazioni di Audicom – sistema Audiweb, ha utilizzato l’intelligenza artificiale nel mese di aprile.
Sono molte le domande poste dai ragazzi a ChatGPT, quesiti che interessano la scuola, le relazioni e la propria condizione psicologica. La criticità maggiore attualmente è l’uso di ChatGPT come ricerca di un supporto emotivo, adottandolo quasi come uno psicologo virtuale. Ma per quale motivo hanno necessità di rivolgersi ad una intelligenza artificiale e non ad una persona reale come uno psicologo o un insegnante? La risposta a questa domanda non è solo una, ma dietro si nascondono diverse ragioni.
ChatGpt: 11 milioni di utenti solo nel mese di aprile
ChatGPT è l’app più utilizzata dagli utenti italiani: il 65% da inizio 2025. Si è riscontrato che il mese di aprile fino a ora è stato il mese più utilizzato.Secondo le normative della privacy, bambini di età inferiore ai 13 anni non possono utilizzare ChatGPT e ragazzi che rientrano nella fascia d’età tra i 13 e i 18 anni non compiuti hanno bisogno di un permesso di un genitore. Queste informazioni sono utili per sottolineare il fatto che l’utente medio di ChatGPT è il giovane. Secondo uno studio della piattaforma di Digital Analytics MyMetrix di Comscore, il 44,5% è la fascia che fa maggior uso di ChatGPT e sono ragazzi dai 15-24 anni.
Al contrario, altre app come Copilot hanno registrato una maggiore utenza nella fascia di età dai 45 anni in su ed è il 60,8%. “Microsoft Copilot: il tuo compagno IA” e “ChatGPT ti aiuta a trovare risposte, a trovare ispirazione e ad essere più produttivo” sono due esempi dei due tra i più famosi AI che semplicemente nella ricerca dei siti, portano l’utente in una irreale visione di supporto e ricerca di comprensione. Perché irreale? Perché un chatbot o intelligenza artificiale non può supportare pienamente lo stato emotivo, mancando di caratteristiche umane importanti.
Inizialmente, ChatGPT era nato come altro tipo di supporto, collaborando con il lavoratore, senza sostituire il lavoro svolto da un essere umano. È stato creato con un linguaggio e con comportamenti che riprendono quello umano, offrendo consigli e risposte che l’utente chiede. Tuttavia, queste risposte sono risposte di default, generalizzate. Vengono raccolte informazioni trovate su vari siti, confrontate e, infine, presentate in un’unica risposta. Il rischio non è solo quello di sorvolare su determinati punti importanti, ma anche di dare risposte errate, prese da siti con informazioni inesatte.
Secondo uno studio fatto dall’amministratore delegato di OpenAI, Sam Altman, le domande poste a ChatGPT differiscono tra le generazioni. Infatti, sono state notate differenze tra le generazioni dei boomer (1946-1964), dei millenial (1981-1996) e degli zoomer (1997-2012).
La generazione dei boomer usa ChatGPT per ricerche avanzate, come se fosse Google, ma l’immediatezza e la facilità della risposta di ChatGPT prevale rispetto a quest’ultima. I quesiti sono prevalentemente sullo stato di salute e problemi a livello informatico. Da quella dei boomer che sono solo il 26% ad utilizzare la chatbot a quella degli zoomer che sono ben il 74%. La generazione Z utilizza la chatbot ponendo più domande su questioni sociali e sulle decisioni della propria vita.
Per quale motivo i ragazzi usano ChatGPT come psicologo virtuale?
Domande sulla vita, sulle relazioni sociali e sul proprio stato emotivo, sono le più frequenti rivolte a ChatGPT. Dati che fanno allarmare, ma pongono anche delle riflessioni. Per quale motivo i ragazzi devono rivolgersi per un aiuto a una chatbot? Le cause sono diverse: chiedere aiuto ad uno psicologo richiede un costo e non tutte le famiglie possono permetterselo. Tuttavia, oltre ad una questione economica, potrebbe esserci una ragione più personale.
Rivolgersi ad una intelligenza artificiale è più facile, non dispone metodi di giudizio e risulta accomodante. Si pensa che parlare di problemi personali e di stati emotivi crei occhi e pensieri giudicanti. Un’altra difficoltà per cui lo psicologo è una scelta secondaria è ammettere di avere bisogno di aiuto, soprattutto se si parla di un ragazzo che non solo ha difficoltà a riconoscere una propria problematica, ma anche di parlarne alla propria famiglia. Il giudizio non rientra nella preparazione dello specialista, poiché uno bravo psicologo partirà proprio da tale presupposto per capire ed evitare un pensiero così severo e critico che il paziente ha di sé stesso.
La preoccupazione dell’utilizzo improprio di ChatGPT è data dal fatto che non è stato creato per essere una terapia digitale che possa intervenire supportando il paziente e diagnosticando determinati disturbi. Secondo gli esperti, ChatGPT non deve sostituire l’aiuto umano, ma potrebbe accompagnare il paziente durante il percorso con lo psicoterapeuta. Il contatto umano e l’empatia sono due elementi che servono e non possono mancare in una terapia.
Negli Stati Uniti, a tal proposito, è stata realizzata una terapia digitale chiamata Rejoyn. Dopo l’approvazione della FDA, la prescrizione della terapia Rejoyn della Otsuka Pharmaceuticals e del Click Therapeutics è partita nel 2024. Questo sito tratta in modo specifico il disturbo depressivo maggiore (MDD) e potrà essere scaricato sul proprio smartphone tramite prescrizione medica.