Ranieri Salvini, il calcio in Sudafrica e l’umanità di una pelota che “no se mancha”

La pelota no se mancha”. Con queste parole, pronunciate dinanzi ai suoi fedeli che erano presenti alla Bombonera (Stadio Alberto José Armando di Buenos Aires, n.d.r.) o rivolte a coloro che seguivano la sua ultima messa dinanzi ad un televisore, Diego Armando Maradona salutava la sua immensa e discussa carriera, rimarcando un concetto: il pallone non si macchia.

Una frase che sin da subito è diventata pop, nel senso di popolare. In pochi secondi e con estrema semplicità, il più grande della storia del calcio, insieme a O Rey Pelé, aveva santificato il suo gioco. Aveva conferito a quella sfera, che aveva preso a calci fin da quando era un pibe per età anagrafica, un’aura magica, una spiritualità speciale, un’essenza divina, trascendentale.

La pelota non si macchia per un motivo: è pura, non tradisce mai ed è foriera dei più alti valori della natura umana e di nobili sentimenti. Un suo semplice rimbalzo innesca meccanismi che spalancano le porte all’inclusione e all’integrazione, alla fratellanza e alla solidarietà, al sacrificio e al mutuo soccorso. Altresì appiana barriere culturali, sociali, economiche e linguistiche. Chiunque abbia giocato a calcio è consapevole di quanto sia vero l’aforisma pronunciato dall’autore del barrilete cosmico, il cosiddetto goal del secolo. 

Tra il Servizio Civile ed il calcio, l’avventura di Ranieri Salvini in Sudafrica

Del fatto che “la pelota no se mancha” ne è convinto anche Ranieri Salvini, un ragazzo di 25 anni che, dopo aver cullato il sogno di diventare un calciatore professionista con le maglie di Fiorentina ed Empoli, ora sta vivendo in Sudafrica un’esperienza umana travolgente. A Città del Capo è impegnato sia con OPES in un progetto di Servizio Civile Universale che ha enormi risvolti sociali per la comunità locale, visto che l’obiettivo è quello di favorire l’inclusione in ambito educativo e sportivo, sia con la formazione del Bazuka United, una squadra di calcio di una township che si sta per giocare l’accesso ai campionati semi-professionistici. 

Il Sudafrica, con tutte le sue differenze e le condizioni di estrema vulnerabilità, gli è entrato nelle vene. Lo si percepisce dalle sue parole, dalle sue emozioni ed anche dal suo modo di agire. Ranieri Salvini ha raccontato il Bazuka ed il calcio come leva di cambiamento sociale nel documentario The Way of Sport. Per consentire poi ai suoi compagni di squadra di allenarsi con regolarità e ai ragazzini di avere accesso ad una sana attività sportiva, rimanendo così lontani dalla criminalità e dalle nefandezze che si possono vivere in uno slum (baraccopoli), ha avviato una raccolta fondi (clicca qui per sostenere l’iniziativa), coinvolgendo in questa operazione di grande solidarietà anche associazioni sportive e culturali ed aziende private.


 

Due mesi fa, quando risorse.news ha realizzato la prima intervista al venticinquenne fiorentino laureato in psicologia (clicca qui per vedere la prima intervista su YouTube), il Bazuka United era in lotta per vincere il suo girone. Ranieri Salvini, grazie al suo talento e all’esperienza maturata nel vivaio della viola, ha messo a disposizione dei suoi compagni di squadra ed amici il suo talento e le sue conoscenze tattiche. La vittoria nella regular season ha aperto le porte degli spareggi nazionali. Dopo una semifinale vinta ai rigori, con mille difficoltà e problemi di varia natura, nel prossimo weekend il Bazuka disputerà la partita più importante della sua storia recente: la finale per entrare nel semi-professionismo.

Sono molto orgoglioso del percorso che sto facendo – dichiara a risorse.news Ranieri Salvini -. L’impegno sociale corre di pari passo con le soddisfazioni sportive. I risultati raggiunti stanno trascinando proprio questa comunità ad avere una certa ambizione. Si respira nell’ambiente una certa felicità e siamo fieri di rappresentare una comunità di 150.000 persone e di essere la squadra della township che gioca nel livello più alto della piramide calcistica del Paese. Non è mai successo che un team come il nostro arrivasse ad un simile appuntamento”.

La pelota, il cambiamento sociale e l’umanità di un ragazzo italiano di 25 anni

Vincere per il Bazuka United significherebbe entrare nel semi-professionismo. Per i suoi calciatori, invece, riuscire a battere i prossimi avversari vorrebbe dire riscattarsi e spingere sulla leva del cambiamento sociale. La società potrebbe avere molti più sponsor e la rosa riceverebbe un compenso per le prestazioni. 

Non si può parlare di un tipo di stipendio abbastanza necessario per vivere – ci tiene a puntualizzare Salvini -. Però, per un giovane si tratta di un vero e proprio life changing, un’opportunità di dare una svolta alla propria vita”.


All’appuntamento con la storia il Bazuka ci arriva senza il suo allenatore. Che non si è dimesso e non è stato neppure esonerato dalla società. Purtroppo, non ha il patentino e per una simile partita serve che in panchina ci sia una figura certificata.  “Il vero problema a questi livelli è che non esiste un calcio strutturato – ci spiega l’ex talento della Fiorentina -. Chiunque può fare l’allenatore, soprattutto quando una persona si trova senza un vero e proprio lavoro”. 

Nonostante il cambio in panchina, il Bazuka ha vinto la semifinale ai rigori ed è pronto a giocarsi le sue chance nella Partita con la “P” maiuscola. 

La finale si giocherà lontano da Città del Capo. La trasferta sarà lunga, circa 6 ore di pullman. Le persone da muovere sono un trentina. Per una simile trasferta non bastano 2.000 dollari. Da sola, la società non ce l’avrebbe fatta. Ma se in rosa hai un ragazzo bianco dal cuore grande, un giovane cittadino italiano attivo animato da nobili sentimenti e dalla volontà di impegnarsi per favorire il bene comune, allora tutto diventa fattibile e più semplice. Grazie alla raccolta fondi, infatti, Salvini sosterrà parte delle spese

L’obiettivo primario della raccolta fondi su gofoundme era comunque quello di sensibilizzare l’opinione pubblica. L’altro grande risultato è stato che questa iniziativa di fundraising si è sdoppiata: da una parte c’è la costruzione di un impianto sportivo; dall’altra, invece, il sostegno alla scuola calcio e alla comunità sportiva della township”.

Difficile dire che cosa sarebbe successo se non ci fosse stato Ranieri Salvini. Probabilmente, il Bazuka avrebbe dovuto rinunciare alla partita. Invece, grazie a questo giovane italiano, il primo connazionale a giocare per la formazione sudafricana, il sogno può essere alimentato. Non è una questione di avere un grande cuore, ma è piuttosto qualcos’altro. “Tutto quello che faccio – puntualizza Ranieri Salviniè totalmente spontaneo. E’ una questione di umanità”.  

Il calcio è anche restituzione

Umanità, una parola ed un sentimento che creano relazioni. E che se vogliamo, può essere correlata a quello che Oltreoceano viene etichettato giving back, ossia il restituire qualcosa alla comunità. Nonostante il calcio gli abbia dato tanto e, allo stesso tempo, tolto il sogno (Ranieri Salvini ha subito 4 interventi in due anni, sia alle anche sia alle ginocchia, che ne hanno minato il prosieguo della carriera ad altissimo livello), la pelota non l’ha mai tradito e lui non l’ha mai abbandonata o lasciata. Ora, vista anche l’esperienza totalizzante che sta vivendo in Sudafrica, trasferisce qualcosa alla collettività che lo ha ospitato, adottato e accolto.

Il giving back, la restituzione, è reciproco. Perché anche i ragazzi del Bazuka permettono a Salvini di arricchirsi e di entrare in contatto con una dimensione del calcio che è composta da musicalità, ritualità e spiritualità.

Qua dicono: se non sai ballare, non puoi giocare – aggiunge il volontario del Servizio Civile di OPES -. I nostri riscaldamenti vanno a ritmo di musica. Molto spesso si canta battendo le mani sulle cosce. Le melodie intonate servono per pregare, per caricarsi e per scacciare le paure derivanti da eventuali riti voodoo”.  

La via dello sport di Ranieri Salvini: dalla Fiorentina al Servizio Civile in Sudafrica nel nome del Fútbol e di una pelota che non si macchia

Vivere il calcio nel segno della spiritualità e della generosità

Se vedere per strada dei giovani di 18 anni vestiti per sei mesi con abiti eleganti (sono i giovani che tornano dalle montagne e che sono diventati uomini adulti attraverso un percorso che prevede la circoncisione, la caccia, il compiere dei sacrifici animali ed altre prove) può sembrare strano, assistere a dei riti di magia nera lo è ancor di più. Il calcio a Città del Capo è anche spiritualità e ritualità.

Ci sono squadre – racconta Salvini – che, a quanto pare, vanno a lasciare delle polverine sui pali della porta e sulle righe. Per respingere l’influenza negativa del rito, dicono che è necessario ungersi il corpo, soprattutto le gambe. L’unico problema è che utilizzano l’olio per il motore dell’auto”.

La presenza di uno stregone a bordo campo, insomma, può inficiare l’esito di una partita, ma uno degli aspetti più belli della cultura, non solo sportiva, è la generosità dei sudafricani. Se un ragazzo non può permettersi di acquistare degli scarpini e li chiede in prestito ad un vicino, nessuno negherà l’aiuto. Qualcuno che gli darà una mano ci sarà sempre. Il pericolo, in questo caso, è rappresentato soltanto dalla gelosia di chi presta e da un eventuale rito di magia nera che può essere fatto sulle scarpe da calcio.

L’umanità della pelota che non si macchia si trasformerà in un nuovo prodotto editoriale?

Sono stato a lavorare nei campi profughi in Grecia e nelle favelas in Brasile, ma mai – ammette il venticinquenne fiorentino dal Sudafrica – sono riuscito ad entrare così tanto in contatto con una cultura. Sono diventato parte di loro, a tal punto che parlo la loro lingua, conosco le loro musiche e vado a dormire a casa loro. Sto avendo un’esperienza talmente diretta che sta rompendo quelle barriere che in realtà, fino a pochissimo tempo fa, c’erano”.

Sono qui da 8 mesi – aggiunge il volontario – e direi che negli ultimi 2 è cambiato tutto, a cominciare dal modo con cui le persone si relazionano con me. Non sono più l’uomo bianco che è giunto in Sudafrica per provare a dare una mano”.  

Ranieri Salvini sente la necessità di tenere traccia della sua esperienza, di ingabbiare le parole e di scrivere i suoi pensieri. “Sì, sto scrivendo tanto – ci confida il protagonista -. È molto difficile da raccontare a persone che non riescono a capire il contesto, quello che sto vivendo. Di certo, la scrittura ha un potere forte”.

Dopo il docufilm The Way of Sport potrebbe arrivare un altro prodotto editoriale: un libro sulla pelota che pure in Sudafrica “no se mancha“. Il pallone anche a Città del Capo non si sporca, amplifica l’umanità ed i suoi valori più nobili.

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