Non-profit: gli ultimi dati Istat confermano una crescita del Terzo Settore nel Sud Italia

Lo scorso 15 ottobre, in occasione delle giornate di Bertinoro, l’Istat ha diffuso gli ultimi dati sulle istituzioni non-profit presenti in Italia. Il censimento è stato avviato dall’istituto di statistica nel 2016 e prosegue di anno in anno fornendo tutti i numeri utili a comprendere le dinamiche del settore. Le informazioni che verranno trattate riguardano il 2020, un anno complesso, di grande cambiamento. 

Dati Istat istituzioni non-profit: crescono i numeri al Sud Italia, ma al Nord le istituzioni sono più performanti

Come anticipato, i dati risalgono al 2020, anno in cui è esplosa la pandemia da Covid-19. Si è rilevato che al 31 dicembre 2020 le istituzioni non-profit in Italia erano 363.499. Le percentuali confortanti riguardano le associazioni di promozione sociale e quelle di volontariato, rispettivamente un +7% e +5,7%. Si attesta che, al 2020, gli impiegati nel settore erano 870.183, con una crescita dell’1% rispetto all’anno precedente; un dato coerente, in linea con quelli registrati dal 2016. 

L’Istat informa, inoltre, che più di una organizzazione su dieci è di volontariato. Hanno invece subito un calo le Onlus, un -2,7% e le imprese sociali, -1,8%. Il dato viene ribaltato se si va a fare una collazione con il numero degli impiegati con la forma giuridica. In questo caso sono proprio le imprese sociali a contare il maggior numero di dipendenti, 54,2%. 

Un’altra importante informazione riguarda le regioni del Sud Italia e le isole. Ovvero: si è verificato un incremento delle istituzioni non-profit al meridione dell’1,7% (le regioni più interessate sono: Campania e Puglia), mentre nelle isole dello 0,6%. Anche in questo caso viene confermato un trend che si era già annotato negli anni precedenti, più precisamente dal 2018.

Nonostante statisticamente il segno “+” sia premiante, bisogna chiarire che la crescita non sempre rispecchia il grado di attività. È al Nord, infatti, che le istituzioni sono più performanti (più del 50%). Altro dato a favore del settentrione riguarda i dipendenti: il 57,2% del totale è impiegato in istituzioni con sede nel Nord Italia. D’altra parte, la forbice tra il Nord e il Sud della Penisola è da rilevarsi in diverse categorie, soprattutto quelle legate al mondo del lavoro e dell’economia attiva. 

Una nota negativa: il fatturato (ma solo per alcune istituzioni)

È utile partire da una premessa: il contesto in cui si sono mosse le attività oggetto dell’indagine è quello di un Paese che ha sofferto enormemente gli effetti della pandemia. L’ambito fiscale è uno di quelli che ha dovuto ricorrere agli straordinari per evitare un crollo totale delle piccole e medie imprese e in generale ha dovuto far fronte alle difficoltà economiche in cui si sono ritrovati anche i lavoratori dipendenti.

Inquadrato il contesto, procediamo con l’analisi dei dati raccolti e restituiti dall’Istat sul fatturato che è calato di oltre il 20% per più della metà delle istituzioni assoggettate al regime IVA. Incluse in questo numero sono quelle attività che più possono aver risentito del lockdown e delle misure adottate per contenere la diffusione del virus: istruzione e ricerca, attività culturali, artistiche, ricreative e sportive. 

Se si guarda invece alla sanità, all’assistenza sociale e allo sviluppo economico i numeri raccontano una storia differente: un aumento del fatturato interessante. Questo perché ci si riferisce ad attività che hanno avuto un ruolo fondamentale di sostegno in una fase molto critica per il Paese. 

In breve, i numeri che riguardano il Terzo Settore sembrano decretarlo un pilastro per l’economia nazionale. Tanto che la collaborazione con le aziende è diventata più fitta e consapevole. Un segnale importante di crescita che non può e non deve essere sottovalutato. Tuttavia, i dati riportati servono anche a segnalare che il divario tra il Nord e il Sud della penisola sia ancora importante e che il percorso da compiere è lungo.

 

 

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