IRAP e Terzo Settore: un cortocircuito improvviso

Negli ultimi giorni è stata approvata definitivamente dalla Camera dei Deputati la legge delega al Governo per la riforma fiscale che, tra le altre cose, prevede il definitivo superamento dell’imposta più chiacchierata in questi ultimi mesi. Quantomeno negli ambienti del terzo settore. Non stiamo parlando dell’IVA, imposta unionale sempre più centrale nel vasto mondo dei tributi, ma dell’Imposta Regionale sulle attività produttive (IRAP). Un’imposta che individua come soggetti passivi gli esercenti attività d’impresa e lavoro autonomo, operanti sia in forma individuale che associata, gli enti non commerciali privati nonché le amministrazioni ed enti pubblici.

IRAP: l’imposta che fa discutere, soprattutto il Terzo Settore

Trattandosi di “tributo proprio derivato”, vale a dire un tributo istituito e regolato dalla legge dello Stato, il Governo verrà chiamato, nei prossimi 24 mesi, a ridefinirne limiti e confini ma, intanto, la competenza del tributo rimane alle Regioni e alle Province Autonome ed alla loro autonomia impositiva nei confronti di chi esercita abitualmente un’attività diretta alla produzione o allo scambio di beni e servizi. Compresi gli enti non commerciali.

Va precisato che per gli Enti non Commerciali il calcolo della base imponibile varia a seconda delle attività poste in essere. Per chi, ad esempio, svolge solo attività istituzionale, si applica un metodo cosiddetto retributivo. L’imposta, in questo caso, è costituita dall’ammontare delle retribuzioni del personale dipendente sulla base dell’imponibile previdenziale. Per chi svolge, anche, attività commerciale, invece, dovrà applicare un metodo “misto”, imponendo così che le attività siano distintamente identificabili.

La richiesta del Codice del Terzo Settore alle Regioni è rimasta inascoltata

Regioni e Provincie autonome hanno per di più anche la facoltà di variare le aliquote, differenziandole (fino ad un massimo di 0,92 punti percentuali) per settori di attività e per categorie di soggetti passivi. Rientra altresì nella loro potestà prevedere riduzioni, se non anche l’esenzione dell’imposta, come peraltro ribadito anche dal Codice del Terzo Settore che, all’Art. 82 comma 8, prevede espressamente per Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano di disporre la riduzione o, addirittura, l’esenzione dall’imposta per gli enti del Terzo settore comprese le cooperative sociali ma escluse le imprese sociali costituite in forma di società.

E così è stato, ad esempio, in favore delle ONLUS, ODV e APS.

Ma l’Italia, lunga e stretta, però ci restituisce, ancora una volta, una fotografia sconfortante: in talune Regioni e Province Autonome gli enti non commerciali sono stati esentati, in altre è stata prevista solo un’aliquota agevolata. In altre ancora non è neppure previsto nulla.

Solo in Valle d’Aosta gli ETS non devono versare l’IRAP

Peraltro delle venti Regioni italiane solo una, la Valle d’Aosta, si è adeguata a quanto disposto dall’Art. 82 del Codice del Terzo Settore, prevedendo non solo l’esenzione dell’Irap ma, soprattutto, indicando specificatamente come soggetti destinatari dell’agevolazione gli Enti del Terzo Settore.

Nel resto dell’Italia, invece, come per la Regione Piemonte, sono ancora in vigore aliquote agevolate differenziate a seconda che si tratti di una cooperativa sociale (1.90%), di un centro di servizio di volontariato (3.00%) o di ONLUS diverse da quelle che svolgono attività di assistenza educativa sociale e sanitaria (2.90%) per le quali, invece, è prevista l’esenzione Irap.

Ma, quel che è peggio, è che non è ancora stato previsto l’allineamento con la normativa del terzo settore, non prevedendo quindi esplicitamente queste agevolazioni agli enti iscritti al RUNTS.

Un caos per le ONLUS che si stanno iscrivendo al RUNTS

Un vero caos che rischia di diventare sempre più un baratro per le casse di quegli enti che prima d’ora ne erano esenti o, semmai, soggetti passivi ma con aliquote di molto agevolate.

Il problema è evidentissimo, ad esempio, per quelle ONLUS che si apprestano ad acquisire la qualifica di ETS, per non parlare di chi il passaggio lo ha già formalizzato: per questi Enti significa perdere nella stragrande maggioranza dei casi l’agevolazione IRAP.

Purtroppo all’orizzonte non si vedono soluzioni facilmente attuabili o una concreta presa di posizione di quelle Regioni che, distratte, ben invece potrebbero dimostrare, nei fatti, quella sensibilità da sempre dimostrata nei confronti del terzo settore.

Avv. Paolo Rendina
Consulenti dello sport e del terzo settore

L’Avv. Paolo Rendina in occasione di un convegno tenutosi a Torino

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