Tasse ambientali in Italia: il Paese non investe nella cura dell’ambiente

lL’impegno di un Paese per salvaguardare l’ambiente non si misura solo dalle iniziative volte alla sensibilizzazione. Anche sul piano fiscale i governi del mondo sanno di dover agire concretamente. È giusto investire e generare risorse utili, step by step ma con consistenza.

Le problematiche legate alla quotidianità non devono incidere sulla procrastinazione degli interventi strutturali, bisogna fa sì che le due cose viaggino di pari passo. Anche perché l’emergenza ambientale e climatica non rappresenta più un pericolo futuro: è qualcosa che il pianeta sta attraversando e le conseguenze di questo grande cambiamento sono ormai più che tangibili. 

Cosa sono le tasse ambientali?

Allora, in che modo l’aspetto fiscale va a incidere? Perché lo abbiamo chiamato in causa? È presto detto. Nel nostro Paese, come in altri dell’Unione Europea, si pagano le tasse ambientali. Le tasse e le imposte ambientali vengono calcolate su grandezze fisiche che generano un impatto negativo sull’ambiente (emissioni di agenti inquinanti; gestione dei rifiuti solidi; misure per l’eliminazione di rumore e vibrazioni): il loro obiettivo è quantificare i costi sociali dell’inquinamento.

Per dare un’idea di quanto sia importante questo aspetto, ecco alcuni numeri: nel 2020 le entrate della tassazione ambientali si aggiravano intorno ai 50 miliardi di euro, in poche parole il 3,04% del Pil nazionale. Ma tale ricavato viene poi reinvestito effettivamente nella cura dell’ambiente? La risposta è no.

Che fine fanno le risorse?

Stando a quanto riferisce l’EEA, European Environmental Agency, le tasse ambientali rappresentano uno strumento importantissimo che i paesi hanno a disposizione per combattere i cambiamenti climatici. In breve: lo scopo è ottenere risorse, ma anche correggere quei comportamenti che contribuiscono all’aggravamento della questione ambientale.

Nel nostro Paese, larga parte di queste tasse vengono pagate dai contribuenti nel settore dell’energia. Tuttavia, un’indagine effettuata da Openpolis rileva che: “l’Italia è tra i Paesi Ue con le tasse ambientali più elevate, sia in valore assoluto che per il peso rispetto al Pil nazionale. Di queste risorse però, solo una minima parte viene investita in iniziative di tutela ambientale.

Ne danno atto anche i dati Eurostat riferiti all’anno 2019. Nell’anno prima della pandemia le tasse ambientali in Europa avevano raccolto 330,6 miliardi di euro, il 2,1% del Pil. Nello studio effettuato si legge che l’Italia è il quarto Paese europeo che paga di più; tuttavia, l’ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, rileva che in quell’anno su 549 milioni di euro di gettito fiscale delle imposte è stato reinvestito lo 0,9% nella tutela e nella cura dell’ambiente. 

Viene meno così l’intento di rendersi protagonisti del cambiamento. D’altra parte, facendo leva anche sulla relazione dell’EEA, l’Italia ha uno strumento importantissimo e lo lascia in cantina. 

Sostenibilità e PNRR

Nel PPNR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, la questione ambientale e climatica rappresenta un punto cardine. La sostenibilità si declina, praticamente, in: Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura (stanziati 40,32 miliardi), Rivoluzione verde e transizione ecologica (stanziati 59,47 miliardi), Infrastrutture per una mobilità sostenibile (stanziati 25,40 miliardi), Istruzione e ricerca (stanziati 30,88 miliardi) e Inclusione e coesione (19,81 miliardi), Salute (15,63 miliardi).

Sei missioni lodevoli che vanno a incidere sulla struttura del mercato del lavoro, dell’inclusione sociale, della mobilità e della cultura. Tutto ciò che concerne la sostenibilità, anche ambientale, risulta essere fondamentale per la crescita del Paese e dell’Europa intera. 

Certo è un bene che siano previste misure tanto incisive. Ma resta il rammarico di sapere che una migliore gestione delle risorse, ancora prima di parlare di PNRR, avrebbe potuto davvero spianare la strada alla ripresa di una condizione adesso molto critica. Insomma, avremmo potuto iniziare a salvare il pianeta già molto tempo fa, ma la scarsa lungimiranza dei governi ha fortemente rallentato il processo.

 

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