Si possono davvero combattere ansia e depressione con l’arte? Parola agli esperti

Ansia e depressione: disturbi che creano non poche difficoltà a chi ne soffre. Vivere la propria quotidianità dovendo dribblare le insidie legate alle conseguenze di ansia, stress e depressione è estremamente impegnativo e doloroso. Per alleviare tali sofferenze, diversi psichiatri stanno sperimentando quella che ha assunto il titolo di “prescrizione museale”. Si tratta di una vera e propria prescrizione medica, non inerente a farmaci, ma a visite a musei e in generale a luoghi di cultura (arte-terapia). L’intento non è solo quello di distrarre il paziente dalla propria condizione, ma anche permettergli di esplorarla e capire come poter accelerare il processo di guarigione. I primi esperimenti europei sono stati effettuati a Bruxelles, con il progetto “Delphine”. 

Arte-terapia e Progetto Delphine: quali risultati?

Il progetto Delphine, che prende il nome dalla persona che l’ha ideato, rappresenta la prima azione concreta europea sul tema dell’arte-terapia. Già nel 2019 si erano approntati diversi studi che avevano dimostrato il valore terapeutico dei luoghi legati alla cultura. Ad esempio, alcuni mesi prima che il Covid-19 facesse la propria comparsa, uno studio condotto dall’Art Council England andava a dimostrare che il riavvicinamento alla cultura, all’arte, rappresentava una crescita per la comunità. Inoltre certificava che partecipare a un determinato tipo di esperienze migliorava lo stato emotivo dei soggetti coinvolti.

Il 65% degli intervistati ha anche confermato che l’arte e la cultura sono fondamentali per il benessere della persona; un altro elemento che ha spinto poi gli psichiatri a prendere in considerazione l’idea di prescrivere visite museali per combattere alcuni disturbi. 

Certo è che a determinare con forza la decisione di avviare delle sperimentazioni vere e proprie è stato l’avvento della pandemia. Per due ragioni: la prima riguarda un aggravamento della salute mentale soprattutto durante le prime fasi dell’emergenza sanitaria. L’altra, invece, si riferisce alla crisi vissuta – e non ancora superata – dal mondo della cultura. La chiusura di tutti i luoghi di arte e cultura ha comportato una disaffezione da parte delle persone. 

Il progetto che arriva da Bruxelles porta la firma dell’assessora alla cultura Delphine Houba e si ispira a un progetto simile precedente avviato in Canada nel 2018, che ha avuto la durata di un anno. I medici avevano la possibilità di prescrivere fino a 50 visite gratuite ai pazienti – soggetti a depressione, ansia e/o patologie croniche – e alle persone loro vicine. 

Come nasce la sperimentazione di Bruxelles

La sperimentazione di Bruxelles nasce sia dall’esigenza di contrastare l’acuirsi di determinati fenomeni nel post-pandemia, sia di comprendere se effettivamente le visite museali abbiano un effetto concreto sulla condizione mentale di persone che soffrono di ansia, depressione e stress. Il progetto è attivo da alcuni mesi e sono stati coinvolti il servizio psichiatrico dell’ospedale Brugmann e cinque musei pubblici. Al termine dell’esperimento medico e sociale il comune belga potrà riferire i dati raccolti e determinare quanto le prescrizioni museali abbiano contribuito al benessere dei pazienti. Tuttavia, già in corso d’opera, si rilevano risultati incoraggianti: i pazienti che partecipano al progetto stanno rispondendo in maniera del tutto positiva. 

Facendo un passo indietro, fino ad arrivare al 2007, si risale a un’altra iniziativa simile che però riguardava le persone affette da Alzheimer. Fu il MoMA di New York a promuovere il MoMA Alzheimer’s Project, riscontrando un miglioramento dell’umore dei pazienti coinvolti. Come riporta il New York Times, il MoMA ha anche avviato una collaborazione con la New York University per verificare l’andamento dell’esperimento medico-sociale. I ricercatori dell’università, infatti, hanno potuto monitorare le visite organizzate per i pazienti affetti di Alzheimer e i loro caregivers.

La dott.ssa Mary S. Mittelman, direttrice della ricerca psicosociale e del supporto presso il Center of Excellence on Brain Aging and Dementia della NYU, ha dichiarato al NYT: “Siamo venuti per scoprire se potevamo dimostrare che il programma fosse efficace in qualche modo […] La prima volta che ci siamo andati, siamo rimasti sopraffatti da quanto fossero coinvolti i partecipanti”; la tesi è stata poi avvalorata dalle evidenze scientifiche tratte dallo studio. Preso atto del successo ottenuto da questo tipo di attività, altri 40 musei hanno contattato il MoMA per richiedere informazioni e per essere coinvolti in progetti simili. 

Considerando quindi la valenza scientifica, anche in Italia si stanno muovendo dei passi importanti nel settore dell’arte-terapia. 

Il Progetto italiano

Anche nel Bel Paese si considera valido l’apporto della cultura nelle fasi più critiche di alcuni disturbi come ansia e depressione. Ne è un esempio l’impegno dei musei lombardi che hanno aderito al progetto ASBA (Anxiety, Stress, Brain-friendly museum, Approach) ideato e coordinato dal Centro Studi sulla Storia del Pensiero Biomedico dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca. 

Tale programma intende utilizzare gli spazi culturali per stimolare il benessere della comunità in generale, ma soprattutto delle persone a cui sono state diagnosticate alcune delle patologie già citate. Tutto ciò attraverso tecniche specifiche come: mindfulness, arteterapia, visual thinking strategies e metodo Art Up. Anche i ricercatori dell’Università La Sapienza di Roma sono stati coinvolti nel progetto e presenzieranno ad alcune delle sessioni previste per i pazienti che parteciperanno. 

In breve, per rispondere alla domanda da cui siamo partiti: sì, l’arte può contribuire alla cura della salute mentale. Chiariamo però che il percorso di guarigione deve prevedere la guida di un medico esperto. Il solo dedicare la propria mente all’arte e alla cultura non basta, ma può rappresentare un ottimo incentivo.

 

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