Reato di stupro: gli ostacoli posti dai 27 membri UE per una direttiva comune

Secondo le stime dell’Agenzia dell’Unione Europea per i dritti fondamentali, circa il 5% dei soggetti di sesso femminile, in Europa, ha subito, dopo il compimento di 15 anni, uno stupro. La maggioranza degli Stati UE hanno aderito alla Convenzione di Istanbul, che descrive lo stupro come un atto sessuale di natura non consensuale.

La ratifica della Convenzione del 2011 di Istanbul è stata raggiunta a fatica nell’UE solamente nel 2023, neppure all’unanimità e contiene la definizione di stupro. Che cosa significa stupro? Secondo la Convenzione, è un rapporto sessuale senza consenso. Il consenso deve essere dato in maniera libera e volontaria, quale libera manifestazione della volontà della persona. 

Sembra semplice spiegare che cos’è, ma il dibattito che ha condotto al testo della Direttiva europea per il contrasto alla violenza di genere dimostra quanto sia difficile trovare un punto di congiunzione e di armonizzazione tra i 27 Stati Membri UE

Il Consiglio Europeo ed il Parlamento europeo, a febbraio 2024, hanno trovato un accordo al fine di emanare la prima legge contro la violenza sulle donne a livello europeo. La legge europea rende punibili diverse forme di violenza, oltre allo stupro, tra le quali ricordiamo il matrimonio forzato, la mutilazione genitale femminile, il revenge porn ed il cyber flashing. In tema di violenza online, tali normative si applicano anche alla condivisione delle immagini generate dalla AI. Ricordiamo il recente caso di deepfake di nudo, di cui è stata vittima la star della musica Taylor Swift.

Tale normativa, per quanto riguarda la violenza sessuale, ha suscitato particolare dissenso, in vista della circostanza che non considera stupro l’atto sessuale non consensuale.

La legge ha vissuto un travagliato iter

Venne presentata, in bozza, dalla Commissione europea, a marzo 2022. Ivi era inclusa la definizione del reato di stupro, inteso come rapporto sessuale non consensuale, senza che la vittima, necessariamente, dovesse fornire le prove di una violenza, di una minaccia o di una coercizione. La bozza originale della direttiva si basava sul principio, attualmente già adottato da numerosi stati membri, tra cui la Spagna, per il quale “Solo un sì, significa sì”. 

Si sono succeduti lunghi mesi di negoziati poiché ben 14 Stati membri rifiutavano tale definizione. Tra questi stati rammentiamo Bulgaria, Paesi Bassi, Germania, Francia, Ungheria e Repubblica Ceca. 

Tre modelli di legislazione sulla violenza

Attualmente, in Europa, vigono tre diversi modelli di legislazione sulla violenza sessuale: uno restrittivo che prevede che per ogni atto sessuale consensuale sia necessario un consenso in forma esplicita, uno meno restrittivo, che richiede la manifestazione del dissenso ed un altro ancora che prevede una forma di costrizione mediante violenza, minaccia, abuso di autorità.

L’opposizione, per altro, era motivata da ragioni giuridiche: la normativa, infatti, non avrebbe permesso di includere la definizione di stupro poiché, come sostenuto dal Servizio Giuridico del Consiglio dell’Unione Europea, lo stesso non è qualificabile come “crimine europeo”. In particolare, la preoccupazione scaturiva dall’art. 5 della normativa che appunto reca la definizione di stupro. Nella formulazione originaria, la normativa appariva garantire maggiormente e proteggere dalla violenza di genere. 

La posizione della Francia

In particolare, per quanto concerne la Francia. Un portavoce del governo francese ha dichiarato che il diritto penale è di competenza nazionale e cioè deve essere perseguito a livello nazionale, non europeo. La posizione francese è stata particolarmente disapprovata poiché il Capo dello Stato e Presidente Macron è stato criticato per aver difeso il diritto alla presunzione di innocenza dopo le accuse di violenza sessuale mosse all’attore francese Depardieu.

E in Italia?

L’ambizione originaria della Commissione e cioè rendere il rapporto sessuale non consensuale reato in tutta l’Unione Europea, tuttavia, non è stata rispettata. 

Per quanto concerne, invece, la posizione dell’Italia, si può far menzione di quanto accennato dal Ministro Nordio che, già a giugno 2023, aveva contestato la mancata previsione di norme che, in seno alla UE, andassero ad armonizzare il reato di stupro che, ad avviso del ministro, la più grave violazione della libertà sessuale dell’individuo. 

Ricordiamo che in Italia, occorre dimostrare, per la contestazione del reato, che sia stata esercitata una qualche forma di coercizione, minaccia e/o violenza. L’Italia, anche se la vigente legislazione domestica è, attualmente, differente, non aveva espresso parere contrario alla definizione inizialmente proposta. 

Nella vicinissima Spagna, invece, è sufficiente l’assenza del consenso della vittima del delitto. Nell’attuale formulazione, la norma reca una clausola di revisione che possa consentire di rivedere la normativa dopo cinque anni di attuazione, obbligando gli Stati membri a sensibilizzare sul consenso sessuale, promuovendo la cultura del consenso. 

Un lavoro ancora incompiuto e, a detta di tanti, una profonda delusione, vista la portata delle statistiche sulle violenze in seno alla UE. 

L’intervento dei sindacati

Perplessità sono nate anche in seno ai sindacati, preoccupati dall’eliminazione della definizione delle molestie sessuali sul luogo di lavoro nonché svariate associazioni che si pongono a tutela delle vittime di violenza. Anche i sindacati italiani si sono fermamente opposti: CGIL, CISL e UIL hanno manifestato grave preoccupazione per questo tentativo di indebolimento della direttiva europea contro la violenza sulle donne e violenza domestica, invitando il Governo italiano e la Presidente del Consiglio a difendere, con fermezza, la tutela delle donne, promuovendo, presso tutte le delegazioni e tutti i Paesi, un pieno sostegno all’articolo 5.

Anche Amnesty International e Human Rights Watch, insieme ad altre ONG, hanno accusato formalmente gli stati contrari all’inserimento del reato di “nascondersi dietro ad interpretazioni giuridiche restrittive delle competenze dell’UE”.

E’ stata, altresì, contestata la circostanza che, rispetto alla bozza, non si faccia più menzione di una formazione obbligatoria per la magistratura e le forze dell’ordine, in relazione alla tematica oggi discussa. 

L’accordo sulla Direttiva

Ad ogni buon conto, l’accordo sulla direttiva è stato raggiunto il 6 febbraio 2024: la presidente della Commissione Europea von der Leyen ha accolto, in modo favorevole, il testo della direttiva che, formalmente, apre la via a sanzioni armonizzate in tutti i 27 Stati dell’UE.

L’accordo dovrà essere approvato dal Parlamento e dal Consiglio e, successivamente, gli stati membri avranno tre anni di tempo per provvedere ad attuare la direttiva. E’ bene precisare che la Direttiva ha lo scopo di definire uno standard minimo in tutta la UE. I singoli stati potranno, tuttavia, andare ben oltre, ampliando quello standard minimo.

A riguardo, per quanto concerne ancora l’Italia, ricordiamo che in questo senso si è già mossa la Corte di Cassazione che ha dato una indicazione interpretativa stabilendo che, per definirsi di natura consensuale, l’atto sessuale dovrà mantenere il consenso per tutta la sua durata, senza esitazione né interruzione.

 

Avv. Carlotta Toschi, Foro di Bologna, penalista, mediatore penale

Carlotta toschi

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