Sport e violenza: binomio fuori gioco

Sempre più spesso, in questi ultimi mesi, la cronaca sportiva perde il suo connotato più naturale, più affascinante, più spettacolare, per diventare solo e semplicemente cronaca, truce e bieca cronaca.

E così che una normale giornata di campionato di Serie A, una di quelle in cui non sale nemmeno la tensione agonistica perché non ci sono scontri al vertice o partite particolari, diventa cronaca nera con gli scontri all’autogrill di Badia Al Pino tra i tifosi di Napoli e Roma, i primi diretti a Genova per la partita contro la Sampdoria, i secondi, invece, in viaggio verso Milano per la gara con il Milan.

Non si è capito chi ha aspettato chi, chi ha aggredito chi, ma l’Italia intera ha assistito a scene raccapriccianti con un autostrada trasformata in un mega ring dove tutto è concesso.

Altri episodi

Cambiano latitudine, partita e tifo ma non tema: ci spostiamo a Lecce, i padroni di casa sfidano la Lazio, e durante l’incontro due giocatori giallorossi, Umtiti e Banda, sono il bersaglio dei soliti “ululati” lanciati dai “soliti idioti” che invece di tifare per i colori della propria squadra, gridano contro il colore di un giocatore.

Cambiano ancora, e questa volta variamo anche il campionato, lasciamo la massima serie e scendiamo nelle serie minori. Serie D, derby campano tra Paganese e Casertana. Prima del fischio d’inizio, le vie di Pagani sono diventate il campo di battaglia tra gli ultras avversari, con colpi proibiti e danneggiamenti alle auto in sosta e addirittura un pullman dei tifosi ospiti dato alle fiamme.

Scendiamo ancora, sia di latitudine che di categoria. Andiamo in Calabria, campionato allievi, sugli spalti non ci sono hooligan o ultras, ma i genitori dei ragazzi in campo, eppure la gara tra il Kennedy Catanzaro e la Big Sport di Crotone viene sospesa dal direttore di gara per lancio di oggetti dagli spalti. I giovani crotonesi, rei di aver pareggiato la partita quasi allo scadere, sono stati costretti ad uscire dalla struttura sportiva e dalla città scortati dalle gazzelle della polizia.

Quelli raccontati sono solamente alcuni esempi di ciò che comunemente succede sui campi di calcio italiani, in qualsiasi categoria e a qualsiasi latitudine. Una violenza dilagante che oramai non fa quasi più cronaca ne notizia.

Il Ministro Abodi: “chi diventa violento ed entra nella dimensione della delinquenza perde lo status di tifoso”

Duro e secco il commento del Ministro per lo Sport, Andrea Abodi, uomo che conosce perfettamente queste dinamiche vissute anche da presidente della Lega Serie B.

L’impegno comune degli anni scorsi – ha detto Abodi – ha ridotto drasticamente le problematiche della violenza e i suoi effetti negativi all’interno degli stadi, che molto raramente sono teatro di comportamenti violenti, anche se non dobbiamo mai abbassare la guardia. Su quello che purtroppo succede fuori – ha continuato il ministro – ho un pensiero molto chiaro: chi diventa violento ed entra nella dimensione della delinquenza perde lo status di tifoso, faccio fatica a chiamarli tifosi perché non lo sono più. Le società ne sono consapevoli, mi auguro che ci sia una collaborazione sempre più stretta affinché ci sia una netta demarcazione fra l’essere appassionato e tifoso e l’essere delinquente, termini inconciliabili fra loro. Tifo e violenza sono inconciliabili e va insegnato anche in scuole del tifo che i club e la federazione devono sviluppare”.

Serve assolutamente una svolta per limitare al massimo questi fenomeni degenerativi, ma una svolta che non può essere legata solo ed esclusivamente all’aumento delle forze di Polizia nei luoghi di sport o a pene più rigide, ma c’è la necessità di guardare al problema “violenza e sport” da una nuova prospettiva, quella culturale, che non può prescindere dal coinvolgimento delle scuole, del mondo dell’associazionismo e delle società sportive.

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