Carenza di Medici di Famiglia: “Ne mancano 2.500”, tuona la Fondazione GIMBE

Dopo aver evidenziato la carenza di pediatri di libera scelta, la Fondazione GIMBE fa suonare un altro campanello d’allarme per il Sistema Sanitario Nazionale e la salute dei cittadini: in Italia servono più Medici di Medicina Generale. Il numero dei cosiddetti medici di famiglia, che non sono dipendenti del Sistema Sanitario Nazionale, ma professionisti che lavorano in convenzione con l’Azienda Sanitaria Locale, è esiguo, non soddisfa le esigenze dei cittadini o di determinati territori ed è destinato a diminuire a causa dei pensionamenti anticipati e di un turnover che con i nuovi inserimenti non sembra coprire le uscite.

Il problema non è territoriale, ma diffuso lungo tutto lo Stivale. Da nord a sud, tutte le Regioni sono in affanno. Se non ci sarà programmazione e non si risolveranno le criticità, si rischia di offrire ai cittadini un servizio scadente. La qualità della salute degli italiani potrebbe risentirne e peggiorare.

Carenza di medici: la Fondazione GIMBE individua 3 ostacoli

L’organizzazione presieduta da Nino Cartabellotta ha condotto un’indagine per comprendere le dimensioni del fenomeno e per stimare quella cifra minima di medici di medicina generale necessari a far respirare tutto il sistema.

È bene precisare – ha spiegato Cartabellotta in una nota stampa – che le nostre analisi incontrano tre ostacoli principali. Innanzitutto, i 21 differenti Accordi Integrativi Regionali (19 Regioni più le due province autonome di Trento e Bolzano, n.d.r.) introducono una grande variabilità del massimale di assistiti per Medici di Medicina Generale; in secondo luogo, su carenze e fabbisogni è possibile effettuare solo una stima media regionale, perché la reale necessità di Medici di Famiglia viene determinata da ciascuna ASL sugli ambiti territoriali di competenza; infine, la distribuzione non uniforme degli assistiti in carico ai Medici di Medicina Generale può sovra- o sotto-stimare il loro reale fabbisogno in relazione alla situazione locale”.

Un medico ogni 1.500 cittadini, questo è il massimale

Come riporta la Fondazione, citando l’Accordo Collettivo Nazionale, il numero massimo di assistiti da un medico di medicina generale è fissato in 1.500 individui. Tale cifra, però, viene superata abbondantemente dalle deroghe disposte dagli Accordi Integrativi Regionali. I dati Agenas (Agenzia Nazionale per i servizi sanitari Regionali) del 2021 rivelano che il 42,1% dei 40.250 Medici di Medicina Generale italiani ha in cura più di 1.500 pazienti.

A superare il massimale sono soprattutto: sono il 52,7% dei medici della Campania , il 58,2% di quelli della Valle d’Aosta, il 59,8% in Veneto, il 63,7% di chi lavora nella Provincia Autonoma di Bolzano, il 65,4% dei dottori di famiglia della Lombardia e del 65,5% di coloro che svolgono la professione nella Provincia Autonoma di Trento.

Altro problema: l’età avanzata dei medici

Un altro dato che fa accendere la spia rossa è l’età avanzata dei medici. Più del 50% ha superato i 60 anni di età ed è prossimo al pensionamento (fonte: stime EMPAM – Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza Medici – al 31 dicembre 2021). Si stima che entro il 2031 dovrebbero andare in pensione circa 20 mila Medici di Medicina Generale. Ed il cosiddetto ricambio generazionale? Non coprirà le uscite. Secondo l’ENPAM, il numero di giovani formati o avviati alla formazione in medicina generale andrebbe a soddisfare soltanto il 50% dei posti scoperti. Ciò accade nonostante il numero di borse di studio ministeriali sia aumentato negli ultimi anni, grazie soprattutto alle risorse provenienti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Ma è soprattutto il quadro anagrafico a preoccupare – ha sentenziato Cartabellotta –  visto che nel 2021 il 75,3% dei MMG in attività aveva oltre 27 anni di anzianità di laurea, con quasi tutte le Regioni del Centro-Sud sopra la media nazionale, anche in conseguenza di politiche sindacali locali che non sempre hanno favorito il ricambio generazionale.

In alcune Regioni meridionali, spiegano dalla Fondazione GIMBE, la fascia dei Medici di Medicina Generale più anziani arriva a superare l’80%: Calabria (88,3%), Molise (83,2%), Campania (82,7%), Sicilia (82,6%), Basilicata (82,1%)”.

Quanti Medici di Medicina Generale mancherebbero?

Questi dati, uniti al problema dei bandi che vanno deserti per gli ambiti territoriali carenti, hanno condotto la fondazione di diritto privato costituita dall’associazione Gruppo Italiano per la Medicina Basata su Evidenze a stimare una carenza, ad oggi, di 2.876 Medici di Medicina Generale. Se l’obiettivo è garantire la qualità dell’assistenza, la distribuzione capillare dei medici in relazione alla densità abitativa, i principi di prossimità degli ambulatori e di libera scelta da parte del cittadini, e ritenendo accettabile un rapporto di un dottore ogni 1.250 pazienti, quello sopracitato è il numero mancante. Di quei 2.876 Medici di Medicina Generale, soltanto 1.003 servirebbero al fabbisogno della Regione Lombardia.

Le conclusioni di Nino Cartabellotta, presidente Fondazione GIMBE

La progressiva carenza di Medici di Medicina Generale – come spiegato da Cartabellotta alla fine della nota stampa – consegue sia da errori di programmazione per garantire il ricambio generazionale, in particolare la mancata sincronia per bilanciare pensionamenti attesi e finanziamento delle borse di studio, sia da politiche sindacali non sempre lineari. Ed è evidente che le soluzioni “tampone” attuate dal Governo con il Decreto Milleproroghe (innalzamento dell’età pensionabile a 72 anni) e dalle Regioni (aumento del massimale) servono solo a nascondere la polvere sotto il tappeto, senza risolvere la progressiva carenza dei medici.

In tal senso è necessario mettere in atto una strategia multifattoriale: adeguata programmazione del fabbisogno, tempestiva pubblicazione da parte delle Regioni dei bandi per le borse di studio, attuazione di modelli organizzativi che valorizzino il lavoro in team, piena implementazione della riforma dell’assistenza territoriale prevista dal PNRR (Case di comunità, Ospedali di Comunità, assistenza domiciliare, telemedicina), allineamento degli accordi sindacali ai reali bisogni della popolazione.

Perché guardando ai numeri, accanto alla carenza già esistente, le previsioni dimostrano che i medici di famiglia saranno sempre meno nei prossimi anni. Una “desertificazione” che lascerà scoperti milioni di cittadini, con conseguenze sempre più rilevanti per l’organizzazione dell’assistenza sanitaria territoriale e soprattutto per la salute della popolazione, in particolare degli anziani e dei fragili”.

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