Calo delle nascite, nel 2023 14mila culle vuote in più

Non si arresta il calo delle nascite. Rispetto al 2022, ci sono 14.000 culle vuote in più. A rivelarlo è il report dell’ISTAT sulla popolazione italiana. Dal 2008, anno in cui l’Italia ha visto per l’ultima volta un aumento dei nuovi nati, i numeri sono stati sempre preceduti da un segno negativo. Se nel 2023 le coppie hanno messo al mondo 379.000 figli, 25 anni fa erano 576.000. In appena un quarto di secolo il gap è di 197.000 unità.

Tasso di fecondità vicino al record negativo

La riduzione della natalità interessa indistintamente sia i cittadini italiani sia gli stranieri residenti. Oggi, su mille abitanti, i nuovi nati sono appena 6,4. 12 mesi fa erano 6,7. Secondo l’istituto di statistica, le cause sono da attribuire tanto ad una importante contrazione della fecondità quanto al calo della popolazione femminile in età riproduttiva (15-49 anni), scesa in dieci anni da 13,4 milioni a 11,5 milioni.

Il numero di figli per donna passa dall’1,24 del 2022 all’1,20 del 2023, avvicinandosi così a quella quota di 1,19, registrata nel 1995, che rappresenta il record storico negativo. La contrazione riguarda indistintamente tutte e tre le macro aree dello Stivale. Il settentrione vede scendere il numero di figli per donna da 1,26 (2022) all’attuale 1,21, mentre il Centro denota un -0,3 in un anno (da 1,15 a 1,12). Seppure con un delta inferiore rispetto agli altri territori, anche nel Mezzogiorno il numero di figli per donna decresce. Da 1,26 di un anno fa, si attesta all’attuale 1,24.

È il Trentino-Alto Adige la regione con l’indice di fecondità più alto

Le tre regioni con l’indice di fecondità più elevato sono Trentino-Alto Adige, Sicilia e Campania. In testa, con un numero medio di figli per donna pari a 1,42, ci sono i territori delle province di Trento e Bolzano, anche se, rispetto al 2022, fanno segnalare la variazione negativa maggiore (-1,51). Al secondo posto troviamo la Sicilia con una media di 1,32 figli per donna, mentre la Campania, terza in questa speciale classifica, riscontra nel proprio territorio un numero di 1,29 figli per ogni donna. Le tre regioni sono anche quelle in cui si concentrano le neo-madri più giovani. Si passa dai 31,7 anni della Sicilia ai 32,2 anni delle donne del Trentino-Alto Adige e della Campania.

In Sardegna si mettono al mondo meno figli

Fanalino di coda per tasso di fecondità totale la Sardegna. Per il quarto anno consecutivo, il territorio insulare riporta meno di un figlio per ogni donna. La media di 0,91 è anche più bassa di 0,4 punti rispetto a quella di un anno fa. Livelli minimi si segnalano anche in Basilicata (1,08 figli di media per donna) ed in Molise (1,1). Le Marche, invece, sono l’unico territorio con una leggerissima inversione di tendenza. In un anno, il tasso di fecondità è cresciuto dello 0,01 (da 1,16 a 1,17).

Natalità in discesa, ma anche la mortalità è in calo

Natalità in discesa, ma non solo. Il report dell’Istat evidenzia altresì un forte calo del tasso di mortalità. Dopo i tristi numeri del triennio della pandemia, quando nel 2020, 2021 e 2022 l’Italia contava rispettivamente 740mila, 701mila e 715mila decessi, il livello di mortalità torna in linea con l’epoca pre-coronavirus. In un anno si registrano 54mila morti in meno (da 715mila si passa a 661mila).

Il calo si traduce in un aumento dell’aspettativa di vita. Rispetto al 2022, il guadagno è di 6 mesi (al momento della nascita la speranza di vita di un cittadino è di 83,1 anni).

Questi numeri evidenziano anche un altro fatto: in Italia, per ogni bambino di età inferiore ai 10 anni, c’è un ultraottantenne. Se oggi il rapporto è sotto la parità (4.554.000 grandi anziani contro 4.441.000 under10), 25 anni fa era di 2,5 a 1, mentre 50 anni fa addirittura di 9 a 1.

Nel complesso, la popolazione residente in Italia al 1° gennaio 2024 è pari a 58 milioni 990mila unità. Rispetto all’anno precedente, il calo è di 7mila unità.

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