Alle ore 7:35 del 21 aprile, lunedì dell’Angelo e Natale di Roma, si è spento Papa Francesco. Ad annunciare la morte dell’ottantottenne Vescovo di Roma è stato il camerlengo, il cardinale irlandese Kevin Joseph Farrell.
Questo il triste annuncio effettuato in una cappella di Santa Marta, in Vaticano, due ore dopo il decesso: “Carissimi fratelli e sorelle, con profondo dolore devo annunciare la morte di nostro Santo Padre Francesco. Alle ore 7:35 di questa mattina il Vescovo di Roma, Francesco, è tornato alla casa del Padre. La sua vita tutta intera è stata dedicata al servizio del Signore e della Sua chiesa. Ci ha insegnato a vivere i valori del Vangelo con fedeltà, coraggio ed amore universale, in modo particolare a favore dei più poveri e emarginati. Con immensa gratitudine per il suo esempio di vero discepolo del Signore Gesù, raccomandiamo l’anima di Papa Francesco all’infinito amore misericordioso di Dio Uno e Trino”.
Presente fisicamente e spiritualmente fino all’ultimo respiro esalato, a tal punto che nelle ultime ore aveva incontrato il Vicepresidente del Stati Uniti, James David Vance, ed effettuato dalla Loggia di San Pietro la benedizione Urbi et Orbi, per poi salutare per l’ultima volta la folla di San Pietro, Jorge Mario Bergoglio ha segnato un’epoca. Il motivo non si cela nel fatto che sia stato il primo gesuita a diventare Vescovo di Roma o il primo Papa a provenire dal Sudamerica e neppure per essere stato il primo pontefice a conversare con il suo predecessore, Benedetto XVI.
Bensì, si deve ritrovare nella sua missione e nella sua predisposizione a riformare il mondo cattolico. Dal 13 marzo 2013, quando dopo il quinto scrutinio del conclave fu eletto Papa, si è messo al servizio dei fedeli e della Santa Romana Chiesa, seguendo con devozione le orme del Santo che ha ispirato la sua vita di “Prete del Popolo”: San Francesco d’Assisi.
Le 3 parole che hanno segnato il pontificato di Papa Francesco
Il suo pontificato è stato caratterizzato da parole come compassione, misericordia, e speranza. Tre termini, collegati e concatenati, che hanno fatto la differenza in tutti i suoi 12 anni di pontificato. Sono queste parole le maglie strette di quella catena, figurata e pure concreta, che ha voluto creare per unire i fedeli e l’umanità.
Compassione non è solo un sentimento, ma una predisposizione. Un’attitudine a partecipare attivamente alle sofferenze altrui. Una inclinazione umana e morale ad essere vicino a chi soffre e a chi è ai margini. Bergoglio ha patito letteralmente le sofferenze degli ultimi, a partire dai migranti. Non a caso il suo primo viaggio apostolico è stato in un’isola del Mediterraneo: Lampedusa. Lì, in quella terra in mezzo al mare, che è frontiera di vita, morte e speranza, ha abbracciato chi fugge da miserie e guerre.
Compassione è altresì una parola potente che il Pontefice ha sottolineato anche un anno fa, in occasione della giornata mondiale della pace. “I tre atteggiamenti di Dio”, aveva ricordato, “sono misericordia, vicinanza e compassione”. Una frase detta a braccio, che oggi può essere letta come una parte del suo testamento.
“Miserando atque eligendo” è stato il suo motto, un omaggio alla misericordia, a quella virtù morale che è sempre stata tenuta in grande considerazione dalla fede cristiana e che è tornata in auge proprio grazie all’esempio di Papa Bergoglio. Alla misericordia, alla riconciliazione e al perdono personale e sociale il Pontefice ha dedicato un anno intero, con un Giubileo straordinario che si è svolto dal 29 novembre 2015 al 20 novembre 2016. Come ha puntualizzato in un suo discorso, la misericordia è “aria da respirare”.
Un attributo di Dio che ha fatto suo, mettendosi al servizio dell’umanità, soprattutto nei mesi più difficili della pandemia. Aveva ammonito i potenti della Terra e i fedeli a non dimenticarsi di chi si stava trovando ad affrontare le difficoltà del lockdown e degli effetti negativi generati dal coronavirus. Mentre lentamente e faticosamente si ritornava alla quotidianità ed il mondo si stava riprendendo, i pensieri del Pontefice erano rivolti a contrastare un virus più potente e resistente: l’egoismo indifferente.
Se la misericordia può essere considerata il centro di gravità della dottrina cristiana, la speranza invece è la parola chiave del terzo millennio. A dieci anni dall’anno straordinario, nel giorno di Natale del 2024 il Papa ha aperto la Porta Santa di San Pietro, inaugurando così un nuovo anno giubilare dedicato alla speranza.
Speranza è stata sia la prima parola di questo 2025 sia l’ultima del suo pontificato. Nel messaggio di Pasqua ha chiesto ai suoi fedeli di tornare a sperare e ad avere fiducia negli altri, “anche in chi non ci è vicino o proviene da terre lontane con usi, modi di vivere, idee, costumi diversi da quelli a noi più familiari”. Ha poi chiuso il suo discorso in maniera emblematica: “vorrei che tornassimo a sperare che la pace è possibile”. Chiaro il riferimento alle guerre che stanno segnando il confine orientale dell’Europa, il Medio-Oriente ed ogni angolo recondito di mondo in cui si combatte per futili motivi o per detenere il potere.
Se il sostantivo femminile è quello più utilizzato dalle testate giornalistiche nazionali ed internazionali per salutarlo e raccontare la sua missione – da “Il Papa della condivisione e della speranza” a “Il faro della speranza” e pure a “Il protettore della speranza”, solo per citarne alcune – allora vuol dire che questo stato d’animo, che nasconde una vena di coraggio e ottimismo nell’avvenire, è universalmente riconosciuto come il pilastro della sua guida da vicario di Cristo.
I grandi temi affrontati da Bergoglio
Compassione, misericordia e speranza sono parole che abbracciano vocaboli come accoglienza, pace e fiducia e che dipingono il suo atteggiamento pastorale. Ma se oggi Bergoglio viene acclamato come un Papa aperto, riformista, rivoluzionario e punto di riferimento per l’umanità è anche per il modo con cui ha trattato ed affrontato temi di grande rilevanza: la giustizia sociale e la casa comune.
Papa Francesco ha incoraggiato tanto i potenti della Terra quanto i cittadini ad un atteggiamento responsabile, volto principalmente a creare le condizioni per una società più equa in cui tutti possano avere le medesime possibilità ed opportunità.
Nel 2023, durante il vertice del mondo del lavoro, ha indicato i tre cardini su cui deve poggiare la giustizia sociale. Il primo è la dignità umana. Rispettare questa condizione vuol dire proteggere i diritti fondamentali ed il benessere di tutti i cittadini, compresi, come detto in quell’occasione dal Cardinale Parolin cui è stato affidato il compito di leggere il messaggio, “i loro bisogni fisici, emotivi e spirituali, dal concepimento alla morte naturale”.
Il secondo, la solidarietà, è “il tessuto per relazioni autentiche” e pure un’assunzione di responsabilità. Un modo per prendersi cura l’uno dell’altro, soprattutto di coloro che sono più vulnerabili e più soggetti a subire ingiustizie. Dalla connessione e dall’interdipendenza tra le persone, si passa al terzo pilastro: la sussidiarietà. Una parola e un principio che dovrebbero evitare una concentrazione del potere nelle mani di poche persone, ma soprattutto un vocabolo che dovrebbe promuovere l’empowerment e la consapevolezza dei cittadini a plasmare una società più equa e partecipata.
Fondamentale è stato anche il suo contributo ad un nuovo modello di ecologia sociale. Nella sua enciclica, con lo stile che lo hanno sempre contraddistinto, ha trattato con lucidità le problematiche del nostro pianeta. Dall’inquinamento al cambiamento climatico, passando per la perdita della biodiversità e per la carenza di risorse, Bergoglio ha posto l’accento su l’unico rimedio possibile: il ritorno ad una ecologia integrale. Tradotto: recuperare il prima possibile le relazioni, da quelle familiari a quelle economiche ed ambientali. L’unico orientamento possibile per raggiungere tale intento è volto alla ricerca del bene comune e non all’egoismo.
Anche in questo passaggio fondamentale c’è tanto del frate di Assisi e patrono d’Italia. Nelle sue parole e in quel “Laudato si” è chiaro il riferimento al Cantico delle creature. C’è un invito concreto a rendere indissolubile il legame tra l’uomo e la natura. Perché la Terra è la Casa comune e, pertanto, tutti devono difenderla, prendersene cura e garantirla alle future generazioni.
Il “Prete del Popolo”, venuto dall’altra parte del Mondo, è stato il Pontefice di tutti. Come ha ricordato il cardinale Farrell, “ci ha insegnato a vivere i valori del Vangelo con fedeltà, coraggio ed amore universale, in modo particolare a favore dei più poveri e emarginati”.
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