Lo sport come strumento per fronteggiare il disagio: l’esempio dello studio “Famiglie in acqua”

Lo scorso 10 maggio l’Istituto nazionale di Statistica ha reso noti i primi dati relativi al censimento permanente delle Istituzioni No Profit (INP). Di queste, una parte consistente orienta le proprie attività verso il settore del disagio, sia esso relativo a un gruppo con specifiche difficoltà, o all’intera collettività. Ma quali sono le attività che possono giovare alle persone che manifestano un particolare tipo di disagio? Un esempio degno di nota riguarda l’attività sportiva e le persone con disabilità. Infatti, come riportato dall’ISTAT, rispetto al 55,8% totale delle INP orientate al disagio, il 70,4% delle Istituzioni si dedica al sostegno delle persone con disabilità fisica, psichica, sensoriale e relazionale, coinvolgendole attraverso lo sport.

La sport e il disturbo dello spettro autistico

Lo studio “Famiglie in acqua”, ad esempio, evidenzia come lo sport possa avere effetti positivi sulle persone con disabilità. Svolto, nel 2018, da Alessandro Borlotti e Nicola Simoni, entrambi docenti dell’Università di Bologna Alma Mater Studiorum, indaga i benefici dell’attività ludico-motoria da praticare in piscina rivolta ai bambini con disturbi dello spettro autistico e alle loro famiglie. Un aspetto interessante di questo progetto riguarda la raccolta dei dati: i ricercatori si sono letteralmente immersi nella ricerca.  

L’obiettivo era quello di studiare come avviene la comunicazione di un soggetto con disturbo dello spettro autistico che pratica attività ricreative in acqua, affiancato da adulti e da suoi pari. Va tenuto in considerazione, ai fini di comprendere la domanda di ricerca, che i soggetti che presentano detto tipo di disturbo hanno particolari difficoltà proprio a livello comunicativo. 

I risultati dello studio hanno consentito di affermare che la pratica di attività motoria svolge un ruolo necessario nell’accompagnamento e nel sostegno del bambino nell’acquisizione di un buon grado di consapevolezza rispetto alle sue capacità di muoversi nel mondo fisico e sociale avvalendosi della gestualità per aiutarsi nella comunicazione verbale.

 

di Sara Ciarcià,

Volontaria Servizio Civile Universale

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