Solo alcune settimane fa, su risorse.news, abbiamo affrontato il tema della crescita che sta riguardando il Terzo Settore, principalmente riportando l’esempio virtuoso della Toscana. Oggi, invece, la riflessione riguarda i volontari, per la precisione la formazione dei giovani universitari e la possibilità di creare nuove figure per il futuro professionale del Paese che incontrino e sposino gli obiettivi del TS.
A tal proposito, lo scorso 23 maggio, presso la Fondazione Marco Biagi, si è tenuto un interessante seminario dal titolo “Terzo Settore e capitale umano, quale contributo dalla formazione universitaria?” che ha inteso esaminare le possibilità e gli scenari futuri.
Formazione, coprogettazione e progettazione
Un argomento, quello della formazione e della gestione delle nuove leve, che abbiamo approfondito anche con Simona Rotondi, docente del Master erogato da UNINT, nell’ambito del progetto di OPES, AttivAzione, realizzato con il contributo del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Durante la lunga intervista (clicca qui) Rotondi ha, analizzando il proprio passato universitario, richiamato all’importanza di una preparazione accademica indispensabile per essere parte attiva del cambiamento sociale, anche in virtù delle trasformazioni registrate durante ultimi anni, e della necessità di avere a disposizione figure sempre più preparate e definite per uno specifico ambito.
Perché se è vero che serve saper progettare, è giusto anche chiarire che non è più possibile farlo senza tener conto del contesto. A chi si approccia alla materia, dunque, viene chiesta sempre più dimestichezza, non solo nella corretta gestione del dettaglio tecnico, ma anche nella conoscenza del territorio, dei bisogno reali dei cittadini.
“Oggi – ha spiegato infatti – in tutti gli interventi socio-educativi è sempre più frequente la richiesta di prevedere anche, a valle dell’intervento, una misurazione dei cambiamenti avvenuti nella vita delle persone che sono ne state destinatarie dirette, proprio per comprendere quanto sia stato incisivo il contributo apportato dal progetto e non da variabili di contesto”.
“È importante – ha concluso – assumere questo punto di vista perché consente di fare progetti di maggiore qualità, di maggiore aderenza alla realtà e più utili. La progettazione deve essere utile, deve servire in maniera assolutamente concreta a risolvere un problema”.
Il seminario in Fondazione Marco Biagi ha rilevato inoltre che serve preparare studentesse e studenti universitari in maniera specifica quanto generica, considerando il dinamismo, la trasversalità delle figure che animano le realtà di Terzo Settore.
L’idea è che molte di queste persone possano dedicare il proprio impegno anche al settore finanziario solidale, ma anche che abbiano le competenze adeguate per lavorare nella pubblica amministrazione nell’ambito della co-progettazione.
L’importanza del digitale
Oltre alle mansioni più peculiari, il Terzo Settore ha bisogno anche di persone che abbiano una certa familiarità con il mondo digitale, quindi figure che possano implementare competenze utili, come nella comunicazione tra social media, siti web e piattaforme streaming.
Ma un altro aspetto importantissimo, declinato ormai ampiamente anche al no profit, è quello dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale. In Italia il Governo ha stanziato bene 2,5 milioni al TS proprio per finanziare progetti che definiscano un uso etico, sicuro e inclusivo dell’IA e per “promuovere maggiore consapevolezza tra i più giovani, i genitori e i professionisti”, come ha chiarito in merito Maria Teresa Bellucci, Viceministro del Lavoro e delle Politiche Sociali”.
Pertanto servono esperte ed esperti del campo che possano supportare le realtà del TS, anzi ne possano diventare protagonisti considerando la velocità a cui corre il progresso del virtuale.
Il Terzo Settore è sempre più presente nelle Università
La riflessione è supportata anche dai numeri crescenti relativi all’offerta formativa che, di anno in anno, consente sempre più possibilità di inserimento, fornendo competenze specifiche e adatte a una carriera nell’ambito del Terzo Settore. OPES, ad esempio, grazie alla collaborazione con UNINT, solo nell’ultimo anno ha erogato un master dedicato e un corso di alta formazione.
Ma sono ormai numerosi i corsi di laurea ad hoc e i master diffusi da Nord a Sud dello Stivale. Come quelli messi a disposizione dall’Università Pontificia Salesiana, oppure il Master in Scienze e Management degli Enti del Terzo Settore della LUMSA e il Master de La Sapienza di Roma in Terzo settore, innovazione sociale e governance dei sistemi locali di welfare.
E ancora il Corso di Laurea in Politiche Sociali, Sistemi di Welfare e Terzo Settore dell’Università di Perugia o la scuola di specializzazione di Giurisprudenza dell’Università di Padova che eroga un Corso di Laurea in Giurista del Terzo Settore e, infine, il corso in Gestione e innovazione dei servizi sociali, imprenditorialità sociale e management del terzo settore dell’Università di Pisa. Questi sono solo alcuni esempi virtuosi di formazione universitaria nell’ambito del TS.
D’altra parte, lo stesso seminario del 23 maggio rientra nel progetto “Verso uno sviluppo economico equo, inclusivo e sostenibile” coordinato sì dalla Fondazione Marco Biagi, strutturato in collaborazione con il Dipartimento di Economia Marco Biagi dell’Università di Modena e Reggio Emilia, il Dipartimento di Scienze Economiche e Sociali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Piacenza.